Ci si potrebbe chiedere perché questo metodo è stato chiamato olodanza, dal momento che la danza occupa in esso uno spazio delimitato. Il fatto è che stiamo parlando, sì, di danza nella sua accezione più comune, ma non solo. Parliamo dell’esistenza, della vita come danza, in quanto nella danza è contenuto il tema della gratuità. Quando danziamo non lo facciamo con l’obiettivo di terminare quello che stiamo facendo - sarebbe assurdo -; danziamo per apprezzare della danza ogni singolo momento; ed è questa la dimensione ideale della vita: riuscire a trovare in modi diversi, in forme mutevoli, un appagamento costante. “Danza” è una parola che si addice un po’ a tutte le attività qui proposte, in quanto si cerca in ogni singolo aspetto, in ogni singola funzione psico-corporea la sua godibilità, il suo ritmo particolare, la sua forma fruibile nel miglior modo possibile.
In ogni caso all’aspetto della gestualità espressiva e della danza viene riservato un ruolo predominante. In linea di massima prima della danza c’è una mobilizzazione e una sensibilizzazione, poi c’è il movimento gestuale e la danza e poi c’è un raccogliere e condividere i risultati di quanto è stato fatto stando in posizione ricettiva, lasciando rifluire nel corpo e ascoltando quanto è stato mobilizzato e stimolato.
Quanto al prefisso “olo”, ci dà l’idea della globalità della danza, non intesa soltanto come movimento classico, ma anche come danza più delicata, più sottile, più sfumata: quella che avviene all’interno del corpo/mente, perché anche le sensazioni, le emozioni, le immagini, i pensieri che si formano nella mente quando seguono un flusso armonioso si può dire che danzano.
La respirazione a sua volta può essere fatta ad un livello di eleganza, essere tanto piacevole da risultare elegante. E anche il risveglio delle vibrazioni nel corpo è fatto di bioenergia “danzante”.
L’olodanza è qualcosa di razionale in quanto c’è un ordine logico nel quale vengono disposte le esperienze, ma è anche qualcosa di intuitivo nel senso che si lascia comunque un grande spazio per sfogare immaginazione e creatività, all’interno di una struttura sensata.
Quindi c’è rigore nell’attenzione; però questa non è contratta, bensì rilassata, e c’è anche grande apertura a qualcosa che non si può ricondurre ad evidenza logica.
Possiamo ragionevolmente guidare il nostro modo di sentire ed agire senza esagerare nel controllo, lasciando che il sapore delle esperienze sia libero e aperto a suggestioni che non possono essere racchiuse in pensieri troppo determinati.
L’elemento razionale viene utilizzato soprattutto nel programmare gli incontri e nella condivisione verbale al termine degli stessi, dove si parla delle esperienze vissute in termini personali, lasciando spazio anche a considerazioni generali di tipo riflessivo.
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